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di Andrea Fagioli

Nelle splendide sale degli Uffizi, a Firenze, c’è molta parte della nostra storia e della nostra fede. Attraversandole ci possiamo fare l’idea di tante cose, anche di come fosse San Giuseppe secondo i grandi artisti del Rinascimento. Filippo Lippi lo immagina vecchio e preoccupato, «colla mano alla gota», proprio quella che contestava Bernardino da Siena.

Non diversamente lo pensano Botticelli e Ghirlandaio. Anche Michelangelo nel Tondo Doni lo raffigura in là con gli anni. L’unico a crederlo nel pieno delle proprie forze è il Bronzino, ovvero uno su cinque, a conferma che nell’immaginario collettivo prevale l’idea che San Giuseppe fosse vecchio. Il cinema, come si è visto con gli esempi dell’altra volta, è praticamente diviso: alcuni registi hanno raffigurato lo sposo di Maria in modo per così dire classico, altri in modo moderno. In ogni caso uno dei San Giuseppe più originali apparsi sul grande schermo ce l’ha offerto Roberto Benigni nel 1983 con Tu mi turbi, che come si sa è un film diviso in quattro episodi di cui il primo, Durante Cristo, vede rappresentato anche il padre putativo più famoso della storia. L’apparizione è fugace, ma il contesto è imprevedibile. Il regista toscano immagina che Giuseppe, per uscire a cena con Maria, chiami l’amico Benigno a fare da baby-sitter a Gesù. Il tempo di un saluto («Divertitevi») e Benigno, pastore che ha perso tutto il gregge fino all’ultima pecora, si prende tutta la scena con una serie di rispettose gag ispirate a episodi del Vangelo. Ma quel Giuseppe che si allontana al braccio della moglie, colpisce comunque lo spettatore.

Un altro San Giuseppe un po’ fuori dagli schemi è quello interpretato da Diego Abantatuono nel film di Giovanni Veronesi Per amore solo per amore, tratto dal romanzo omonimo di Pasquale Festa Campanile e uscito nelle sale nel 1993. Qui Giuseppe è rappresentato inizialmente come un uomo di mondo con ben poco di religioso. A trasformarlo sarà l’amore per Maria dopo non poche incomprensioni per la gravidanza misteriosa.

Rientra invece nella norma, guadagnandosi titolo e ruolo primario, il Giuseppe di Nazareth, prodotto nel 2000 dalla Lux VIde, diretto da Raffaele Mertes ed Elisabetta Marchetti, con la musica di Marco Frisina, ed una sostanziale aderenza al Vangelo con una storia raccontata attraverso gli occhi stessi del protagonista interpretato da Tobias Moretti.

Ci sono anche una serie di film dal titolo identico, semplicemente Jesus, in cui, ovviamente, compare anche San Giuseppe. Tra questi si conta un altro prodotto della Lux Vide, che fa parte della grande produzione televisiva internazionale sui personaggi della Bibbia. Diretto da Roger Young e uscito nel 1998, questo Jesus propone ancora una volta un San Giuseppe anziano, ma con un ruolo importante nella formazione del figlio. Young immagina pure che sia proprio la morte di Giuseppe a spingere Gesù ad iniziare la sua missione.

Un ruolo importante tocca anche al Giuseppe riletto da Fabrizio Costa nel film per la tv del 1999 Maria figlia del suo figlio, che si rifà più che altro ai vangeli apocrifi. In questo caso al padre putativo è richiesto, come alla sposa, di diventare discepolo e «figlio del suo figlio» secondo la stupenda espressione dantesca.

Altro film tv è La Sacra Famiglia, del 2006, ancora firmato da Raffaele Mertes (già regista del Giuseppe di Nazareth), basato anche questo sugli apocrifi, ma con alcune libertà non indifferenti come quella di proporre un Giuseppe (interpretato da Alessandro Gassmann) che ha già avuto una moglie ed è padre di due figli maschi e una femmina, e si sente troppo vecchio per Maria.

Chiudiamo con Nativity, film di Catherine Hardwicke, uscito nelle sale cinematografiche a fine 2006, con dei giovanissimi Giuseppe e Maria per una storia piuttosto delicata e fedele ai racconti evangelici di Matteo e di Luca.

 

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