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Trasmissione di Radio Mater condotta da don Mario Carrera, ogni 1° mercoledì del mese

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Caro ed amato San Giuseppe, la liturgia di rito romano domenica scorsa ha fatto riecheggiare nelle nostre assemblee la parola di tuo figlio Gesù, che ci invitava a vegliare, ma anche ci offriva i motivi per essere attenti vigili ai segni della presenza di Dio nella nostra vita. La presenza del divino è una presenza variegata simile ad un riflesso di diamante. A ogni angolazione della luce dà un riflesso di colorazione diversa.

Questo paragone del rispecchiarsi del diamante vale anche per il riflesso degli occhi di ogni persona che incontriamo. 

Guardando negli occhi una persona, scorgiamo uno scintillio di emozioni che riflettono gioia, sofferenza, timidezza, compiacenza, simpatia o avversione.  Gli occhi liberi da pregiudizio, quando guardiano una persona con amore riescono a vedere, a scoprire meraviglie invisibili agli occhi di chi guarda senza amore o con indifferenza. A san Giuseppe tutti i messaggio di Dio arrivano di notte, in quello spazio di tempo nel quale Gesù ci invita  essere vigilanti. Nel rito romano lo abbiamo ascoltato nell’evangelo di domenica scorsa: occorre vigilare al tramonto del sole, a mezzanotte, al canto del gallo e ai primi bagliori dell’aurora. 

L’invito alla vigilanza da parte di Gesù è sulle ore della notte. Bisogna vigilare perché la vota delle fede è una conquista costante e la dobbiamo difendere da rapinatori che vorrebbero rubarci la luce della speranza. 

 Se guardiamo la vita di san Giuseppe, della sua sposa Maria è una vita popolata di inviti e di attenzioni. A Giuseppe Dio dice di prendere Maria come sposa, a partire per Betlemme per il censimento, a fuggire in Egitto. Ritornare dall’Egitto. All’invito di Dio Giuseppe ha sempre obbedito con generosità, ha sempre gettato l’ancora della speranza nel futuro e hai esperimentato che il futuro era colmo di grazia, colmo di Dio.

 In queste settimane di Avvento, che noi stiamo vivendo,  san Giuseppe ci invita a viverlo come lui l’ha vissuto.

 L'Avvento è il tempo che prepara le nascite, è il tempo in cui la sposa di Giuseppe era in attesa del parto. 

L’attesa è il tempo proprio delle mamme: solo le donne incinte, le mamme in attesa sanno cosa significhi davvero attendere. 

 Oggi siamo qui a riflettere a pregare a chiederci: cosa davvero attendiamo?

 Le pagine dell’evangelo ci prendono per mano e ci introducono oltre la soglia della porta della fede e ci aiutano a guardare in alto, a percepire il mondo pulsare attorno a noi, a sentirci parte di un’immensa vita e portatore del dono della fede per aiutare la gente del nostro a credere.

San Giuseppe, da un punto di vista della fede ha vissuto una vicenda singolare: è stato chiamato a rappresentare, da un punto di vista legale, Dio Padre e a essere accanto a Gesù come riflesso incarnato nella vita quotidiana delle eccelse qualità di Dio, perché Gesù vedesse in lui vissute in modo superlativo i requisiti di una vita riuscita alla grande.

È  vera questa singolarità, tuttavia san Giuseppe aveva il sostegno di una cornice familiare e sociale molto segnata da un vitale rapporto con Dio: Dio davvero era al centro della vita di Giuseppe, del popolo e dei singoli appartenenti alla discendenza di Abramo, Isacco, Giacobbe.  

Caro e amato san Giuseppe, Noi stiamo vivendo una stagione, un tempo di crisi. C'è una crisi nella Chiesa di tuo figlio Gesù e della quale tu sei il protettore universale. 

Abbiamo iniziato domenica scorsa un anno  dedicato alla preghiera e riflessione sulla vita dei consacrati, ma viviamo una stagione della storia in cui diminuiscono le vocazioni, cresce l'indifferenza religiosa, l'istituzione ecclesiastica perde fiducia.  I santi che ancora ci sono sembra che non riescano a purificare il liquame di questa nostra umanità.  Viviamo in un momento di radicali trasformazioni, di transizione, di passaggi epocali e in cammino verso un futuro che ancora non ha nome. 

Il papa emerito  Benedetto XVI diceva:

«Ieri l’ateismo era nella mente di alcuni filosofi, oggi l’ateismo lo abbiamo in casa: nei figli, nei cugini, nei nipoti e nei vicini di casa».  Purtroppo dobbiamo dire che l’ateismo oggi coinvolge tutti e abbiamo abbassato la vigilanza suggerita da Gesù e stiamo imparando anche noi a vivere come se Dio non esistesse. E’ una sorte di ateismo per omissione della nostra fede.  

Ma è la fede stessa, sostenuta della speranza che non delude, che ci permette di intravedere attraverso la nostra vita personale, la nostra storia quotidiana, di avvertire il respiro stesso di Dio che «plasma il nostro cuore e lo trasforma con la grazia divina». 

 La fede che appunto plasma il nostro cuore e ci permette di collaborare a costruire il regno di Dio che è giustizia, pace, fraternità, stima, fiducia.  

Se Dio perde il centro della nostra vita, l’uomo perde la sua collocazione giusta, la sua posizione nel creato, la capacità di realizzarsi con gli altri. 

 Come il navigante che fissa la stella Polare così ognuno di noi si fa «mendicante di Dio» e porta nell’anima un misterioso desiderio di Dio.

 Noi guardiamo a san Giuseppe che si è messo in viaggio per arrivare nel territorio del casato di Giuda, per farsi censire, confidando nella responsabilità di essere patrono della Chiesa universale ci affidiamo alla sua intercessione affinché ci aiuti  a vivere questo avvento, senza smarrire la strada giusta che porta a Betlemme e così, come i pastori, riusciamo a riconoscere Gesù, il Figlio di Dio nato sotto la tutela di san Giuseppe e della sua dolce sposa, Maria. 

Per far questo è necessario che la sua intercessione ci dona energia e ci aiuta a promuovere in noi una sorta di pedagogia del desiderio, della vigilanza attenta che cv faccia gustare il sapore delle gioie autentiche della vita. 

  In questo momento d’introduzione in quest’ora di spiritualità, o stimato e venerato San Giuseppe, protettore dei lavoratori, vogliamo mettere davanti a te anche il disagio della crisi economica e finanziaria di cui stiamo soffrendo, tu che hai esperimentato il duro mestiere del vivere con il sudore della fronte, aiutaci a cogliere questa crisi come un’opportunità che ci suggerisce che dobbiamo cambiare strada e favorire altri modelli di economia, non fondati sulla logica di una crescita infinita, che è insostenibile, ma su rispetto della natura, sobrietà e solidarietà.

  Per l’economia tutto è in movimento, tutto è sottoposto a continue manovre economiche e davvero possiamo dire che «tutto è in movimento e la vita è in pausa».
 San Giuseppe, ti supplichiamo, abbiamo bisogno di un sussulto nella fede che ci aiuti a saper leggere con apertura fiduciosa il Vangelo che ci aiuta a leggere il presente e la storia come grembo di futuro, un futuro ricco di senso e a non fermarci all'oggi, ma a guardare avanti. 

San Giuseppe con Maria tu hai fatto traghettare la storia umana, il mondo, dall’Antico Testamento al nuovo Testamento. Il tuo mondo, o caro San Giuseppe, portava in grembo un altro mondo: quello di Gesù Cristo.  Che è un mondo più buono e più giusto, dove Dio viene, vicino come il respiro, vicino come il cuore, vicino come la vita e ci tiene per mano per accompagnarci nei sentieri sempre nuovi della vita.

 

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