Page 11 - Santa Crociata febbraio 2024
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 accompagnato dagli affetti più cari. Ma di particolare interesse è la confessione e insieme la correzione che papa Francesco fa a proposito di questo tema, quando scrive: «Forse qualcuno pensa che questo linguaggio e questo tema siano solo un re- taggio del passato, ma in realtà il nostro rapporto con la morte non riguarda mai il passato, è sempre presente. La cosiddetta cultura del “benessere” cerca di rimuovere la realtà della morte, ma in maniera drammatica la pandemia del coronavirus l’ha rimessa in evidenza».
Poi il papa prosegue: «Si cerca in tutti i modi di allon- tanare il pensiero della nostra finitudine, illudendosi così di togliere alla morte il suo pote- re e scacciare il timore. Ma la fede cristiana non è un modo per esorcizzare la paura del- la morte; piuttosto ci aiuta ad affrontarla. Prima o poi, tutti noi andremo per quella porta». È purtroppo vero che il pre- sentimento della morte nella società contemporanea è ri- mosso o bandito, resta confi- nato nell’ambiente anonimo e asettico degli ospedali, osser- vato al massimo con distacco scientifico oppure ridotto a mera esperienza individuale, tanto che gli uomini e le donne siauguranocheaccada«sen- za che io me ne accorga». Ma è ancora più vero che si muore ancora e sempre e che prima o poi «tutti noi andremo per quella porta».
Benché oggi la morte non appaia più (o appaia di meno) come hora tremenda, come l’ora del giudizio di Dio, si do- vrebbe auspicare, dal punto di vista pastorale, liturgico e spi- rituale, un memento mori (ri- cordati che si muore), cioè un
tempo nel quale far emergere i pensieri, gli affetti e la liber- tà (in fondo, se ci pensiamo bene, la morte dovrebbe es- sere l’ultimo atto di libertà, in cui si decide di consegnare la propria vita a Dio!), come pure uno spazio per la meditazione, la preghiera e la fede in Gesù Cristo morto e risorto.
Fino a riconsegnare alla mor- te un ruolo positivo! Infatti con- tinua papa Francesco: «Pen- sare alla morte, illuminata dal mistero di Cristo, aiuta a guar- dare con occhi nuovi tutta la vita. Non ho mai visto, dietro un carro funebre, un camion di tra- slochi! Ci andremo soli, senza niente nelle tasche del sudario: niente. Perché il sudario non ha tasche. Non ha dunque senso accumulare se un giorno mori- remo. Ciò che dobbiamo accu- mulare è la carità, è la capacità di condividere, la capacità di non restare indifferenti davanti ai bisogni degli altri».
Sotto questo profilo san Giuseppe potrebbe e dovreb- be nuovamente diventare il santo che aiuta ad affrontare il mistero o forse il fantasma della morte. Così san Giusep- pe, come ricorda la storica A. Dordoni più volte citata, di- venta il santo che può «san- tificare ogni aspetto dell’esi- stenza,illavoroel’impegno quotidiano, la sofferenza e [anche] la morte».
Nella citata catechesi papa Francescohacoraggiosamen- te inserito un collegamento – peraltro comprensibile, visto il contesto – di carattere mora- le e ha fatto riferimento a una nuova scienza, la bioetica, e a tutte le questioni collegate con il fine vita: l’accanimento terapeutico, le cure palliative, l’eutanasia, l’accompagna-
mento spirituale del morente e dei familiari: «Due conside- razioni per noi cristiani riman- gono in piedi. La prima: non possiamo evitare la morte, e proprio per questo, dopo aver fatto tutto quanto è umana- mente possibile per curare la persona malata, risulta im- morale l’accanimento tera- peutico (cfr. Catechismo del- la Chiesa Cattolica, n. 2278). Quella frase del popolo fede- le di Dio, della gente sempli- ce: “Lascialo morire in pace”, “Aiutalo a morire in pace”... quanta saggezza! La secon- da considerazione riguarda invece la qualità della morte stessa, la qualità del dolore, della sofferenza. Infatti, dob- biamo essere grati per tutto l’aiuto che la medicina si sta sforzando di dare, affinché attraverso le cosiddette cure palliative, ogni persona che si appresta a vivere l’ultimo tratto di strada della propria vita, possa farlo nella manie- ra più umana possibile. Dob- biamo però stare attenti a non confondere questo aiuto con derive anch’esse inaccet- tabili che portano a uccidere. Dobbiamo accompagnare alla morte, ma non provocare la morte o aiutare qualsiasi forma di suicidio».
Possiamo concludere qui questo nostro ideale viaggio affermando che la figura di san Giuseppe – pur depurata da tutti gli aspetti devozioni- stici che hanno prodotto quasi un’inflazione – come patro- no della buona morte rimane ancora di grande attualità per il nostro tempo. È adesso in- fatti che sembra che ci siamo dimenticati, quasi fossimo immortali, del destino ultimo dell’uomo vivente.
 La Santa Crociata in onore di San Giuseppe | febbraio 2024 11

























































































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