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2*/ La presenza dei guanelliani come buoni samaritani nel paese di Gesù

di Marco Cosini

Personalmente non amo quel tipo di pellegrinaggio in Terra Santa che si concentra unicamente sulle pietre presenti negli innumerevoli siti archeologici di questa regione. Preferisco di gran lunga quei percorsi che, unitamente alla visita ai luoghi santi e a quei siti di interesse storico e culturale, uniscono l’incontro con «le pietre vive» della Chiesa di quaggiù. La Scuola Speciale della Santa Famiglia è uno di quei luoghi in cui si possono incontrare tali pietre vive che incarnano il loro carisma a servizio dei «più poveri e i più abbandonati, fra i figli poveri e i vecchi poveri» e, «tra i figli e i vecchi poveri, le creature scarse di mente che, ad esempio del Cottolengo, la casa chiamò buoni figli» (Don Piero Pellegrini, Don Luigi Guanella: chi è?, «Quaderni di formazione 18», p. 20, edizione fuori commercio).

La scuola dei Guanelliani è un esempio e un modello di inserimento nella Chiesa locale, nel pieno rispetto del carisma proprio dell’Opera don Guanella. Il segno di veridicità di tale affermazione è rappresentato dal fatto che tale opera entra, quasi senza volerlo, nel vivo dei problemi sociali e culturali tipici della regione: al suo interno lavorano arabi (cristiani e musulmani) ed ebrei. È diventata così una palestra di convivenza e tolleranza che certamente non risolve problemi antichi quasi quanto il genere umano, ma certamente rappresenta un passo significativo verso una comunione ed una pace possibili. Restando ancora un istante su questo argomento dobbiamo introdurre il nome di un piccolo villaggio nei pressi del tristemente noto confine tra Israele e Territori Palestinesi, qui vicino, tra Afula e Jenin: Muqeible. Muqeible da diversi anni è la parrocchia di abouna (padre) Marco che, oltre all’impegnativo servizio nella loro scuola, si occupa di quel piccolo ma importante gruppo di cristiani che lì sono presenti ed hanno le loro radici. Anche la sua parrocchia nel tempo è stata motivo di gioia condivisa, perché non sono state rare le occasioni in cui siamo stati invitati ad eventi importanti per la vita di quella comunità cristiana. Proprio a Muqeible ho celebrato la mia prima messa in arabo di fronte ad un’assemblea non piccola di popolo di Dio.

La provvidenza come madre Curiosando nella vita dei nostri fratelli Guanelliani e frequentandoli nel corso degli anni ho apprezzato con molto piacere la presenza di una parola-chiave del loro vocabolario: la parola Provvidenza. La preghiera della tavola costituisce un semplice esempio di come questo vocabolo ritorni quotidianamente: «Benedici Signore questo cibo che stiamo per prendere e dacci la grazia di servircene in bene. Madre della divina Provvidenza, prega per noi!». Si intuisce che tutto ciò che è stato fatto, qui in Terra Santa, come opera a favore dei più poveri, ha avuto un architetto di prima qualità: la Provvidenza di Dio. Il rocambolesco modo in cui abouna Ugo trovò questo luogo ne è un eccellente testimone. Venne qui, quarant’anni fa’, per aprire una casa nella quale accogliere i bambini diversamente abili, che a quel tempo le famiglie tenevano accuratamente nascosti in casa e la cui vita era senza possibilità di sviluppo e considerata senza troppo valore. La ricerca del posto fu penosa e senza grossi risultati. Proprio nel momento di scoraggiamento maggiore, quando tutto sembrava perduto e quando ormai don Ugo era in procinto di ritornarsene in Italia, arriva il suggerimento di una suorina, una clarissa: «Perché non dà un’occhiata al nostro vecchio monastero?».

La firma della Provvidenza! In un attimo si aprì la possibilità di dar vita ad una «Casa della Provvidenza» proprio nel cuore della città. Una vera e propria sfida per una società in cui si preferiva allontanare il più possibile dalla propria vista la sorte di queste creature così diverse. E da allora la Provvidenza ha lavorato instancabilmente, tanto che ad oggi l’Istituto rappresenta una delle scuole più qualificate (se non la più qualificata) del settore in Israele. Da abouna Ugo e dalla sua opera hanno preso spunto e ispirazione molte altre istituzioni che nel tempo sono andate costituendosi in questo servizio. Queste le parole dell’allora Sindaco di Nazareth, Ramez Jaraisy, in occasione della celebrazione dei dieci anni dalla morte di don Ugo: «Questo Istituto ha avuto successo per la dedizione, lo sforzo e la profondità del messaggio umano. In poco tempo questo istituto è diventato un modello nel settore dell’educazione e forse il migliore in Israele. Il suo metodo è basato su principi umanistici, educativi e filosofici che prendono spunto dai migliori metodi e teorie scientifiche che integrano didattica, educazione e terapia a favore dei bambini handicappati unitamente alla certezza che ognuno ha la possibilità di vivere una vita migliore. Tutto questo in un’atmosfera di cura e attenzione in un ambiente che fa sentire i bambini a loro agio e sereni».

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