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di Gianni Gennari

Eccoci ancora… Il lungo cammino ci ha condotto alla Chiesa: “Credo la Chiesa, una, santa, cattolica ed apostolica”. La Chiesa, istituzione e mistero. Nella realtà istituzionale una variazione di accenti, l’arricchimento e talora l’appesantimento di culture del passato, ma con la garanzia – che ci è data direttamente dal Signore: “io sarò con voi fino alla fine dei secoli” – che nessun tradimento, nessun peccato degli uomini, anche di Chiesa – e sono stati tanti, lo sappiamo – potrà annullare questa promessa di futuro e di presente continuo. Chiesa “una”, anche se oggi apparirebbe “divisa”.

Il cammino della storia ha segnato rotture e contrasti apparentemente insanabili, ma a poco a poco al sentimento forte della distinzione che contrapponeva Chiesa a Chiese si è fatta strada di nuovo la cura per l’invocazione di Cristo stesso: “Che siano uno!” Il movimento ecumenico è nato esplicitamente da circa un secolo, ed ha camminato sia sottotraccia che visibilmente.

Ho l’età sufficiente per ricordare che le nostre mamme ci dicevano di non entrare nella Chiesa Valdese, qui a Roma, oggi nei pressi della mia casa. Si trattava di “separati”, ma venivano considerati poco “fratelli”. Per arrivare a Roma, ed essere accolto ufficialmente, il movimento ecumenico ha dovuto attendere in teoria fino alla “Mystici Corporis” di Pio XII – anni ’50 – ma concretamente fino a Giovanni XXIII e al Concilio, e nel Concilio alla dura e perseverante strategia di uomini come Agostino Bea, cardinale della fraternità ecumenica… Quanta strada, da allora! Se si pensa che il 7 dicembre 1965 l’ultimo atto del Concilio stesso – e purtroppo non lo ricorda quasi nessuno – non è stata l’approvazione della Gaudium et Spes, come sempre si crede, ma l’atto ufficiale di revisione e cancellazione della scomunica reciproca tra Roma e il patriarcato di Costantinopoli, a firma di Paolo VI e del grande Atenagora, - “Ambulate in dilectione” (Camminate nell’Amore), ci si rende conto di un cammino iniziato davvero, che deve ancora portare lontano, e cioè sempre più vicino alla vera unità voluta da Lui, il Signore Gesù. Cattolici, Evangelici, Ortodossi, uniti e diversi, come per storia e cultura potrebbe essere non solo lecito, ma provvidenziale, ma ancora con diversità che impediscono la pienezza dell’unità vera, che delle diversità fa la sua ricchezza comune, e non lo scandalo di un tradimento non ancora purificato e scavalcato con quel “balzo in avanti” che il beato, prossimo Santo Giovanni XXIII ha annunciato all’apertura del Concilio: “Gaudet Mater Ecclesia”! Noi crediamo davvero nella Chiesa una, ma ci rendiamo conto che proprio questa “fede”, che viene dall’Alto, ci obbliga a lavorare, a pregare, ad offrire vita e azione perché questa unità si realizzi come Lui l’ha voluta… Il Signore Gesù non è “cattolico”, e non è proprietà di una sola Chiesa: al contrario, la sua Chiesa, quella davvero Sua, non ha i confini segnati dalle nostre diversità, ma dall’abbondanza dei suoi Doni – Spirito Santo in prima fila – che allarga la realtà sacramentale e salvifica fino dove noi non siamo ancora, e forse dove noi non osiamo neppure pensare alla sua presenza… Ecco perché la parola di oggi ci dice di “uscire”: vuol dire “donarsi” e donandoci annunciare l’unico Signore e Maestro. Quando due anni orsono Benedetto elogiò, a Erfurt, “la fede di Lutero” ha scandalizzato quei dotti i quali pensavano, e insistono nel pensare, che solo loro hanno in tasca il contatore autentico per misurare la cattolicità altrui. Ecco allora anche a Lui, Benedetto XVI, l’uomo che per 25 anni è stato “Prefetto della fede”, l’accusa di traditore… No: un atto di fiducia nello Spirito Santo che salva la Chiesa e la conserva nella fede sempre, come ha fatto nei secoli bui. “Uomini di poca fede, perché dubitate?” Vale anche quando pensiamo alla Chiesa attuale, e con il “Gaudet Mater Ecclesia” nella memoria e nel cuore possiamo leggere e meditare sul testo della “Evangelii Gaudium”: lì Francesco ha esposto la traccia del presente e del futuro immediato. Lì ha annunciato il suo desiderio di “conversione del Papato” (n. 32): è cosa di Chiesa come tale! Non dice “conversione del Papa”, ma “del Papato”. Anche i Papi possono avere bisogno di conversione, e del resto è cominciata proprio così: Gesù dice a Pietro che “una volta convertito” dovrà “dare forza ai suoi fratelli” (Lc. 22, 32). E’ il compito di Pietro, oggi Francesco, nella Chiesa, che per quanto dipende da Cristo è già in programma “una, santa, cattolica ed apostolica”, soggetto della fede di ogni figlio di Dio e oggetto della fede di coloro che, per grazia, hanno avuto ed hanno il dono della grazia cosciente e della vocazione alla salvezza, grazie alla “remissione dei peccati”. Proprio questo alla prossima riflessione fraterna.

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