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di Vito Viganò

Attendere impazienti la pensione e poi non sapere come spendere il tempo. Ammazzare il tempo, che tristezza! Sempre, proprio fino all’ultimo  si è mossi da una esigenza interiore di vivere bene. Vuol dire spendere energie vitali e tempo in un modo, non necessariamente e subito gratificante, ma che ha comunque un senso per sé, una buona ragione che motiva a coinvolgersi e fare. Così lo spendersi bene diventa un fattore che rinnova vitalità e voglia di vivere, sempre e comunque bene. 

Sembra ovvio, non se ne può fare a meno. Gli anni si accumulano e, magari un po’ troppo in fretta, ci si trova anziani, vecchi. Il rendersi conto non sempre porta a un giudizioso accettare l’età avanzata, così da viverla con dignità e gusto. E, tra le fasi dell’esistenza, la vecchiaia può risultare la più delicata a volerla vivere bene.

Dare un senso al proprio vivere è un bisogno, ogni giorno. Vuol dire avere una buona ragione per darsi da fare, nella convinzione che quello a cui ci si dedica merita lo spendervi il proprio capitale di vita.

Buona ragione è un dovere da assolvere o un piacere da procurarsi, assecondare una voglia o perseguire un ideale. Dedicarsi a quel che ha senso è gratificante per quel che si ottiene e rinnova insieme la vitalità, la voglia di vivere.

E il vivere da vecchi può avere un senso? Inventarsi un modo dignitoso di investire il capitale di vita di cui si dispone ancora è forse più complicato. Vengono a mancare molte delle ragioni di un tempo per attivarsi e spendersi. Ruoli persi e responsabilità abbandonate creano il rischio di un vuoto di senso nel vivere.

Una vecchiaia povera di senso diventa una penosa realtà quando al mattino non si ha qualche ragione che stimoli a lasciare volentieri il letto; o quando non si sa come tirare sera, si fanno cose tanto per ammazzare il tempo, un ozioso bighellonare, ore e ore passate al bar o davanti alla TV. La sfida per l’anziano è di non rinunciare al proprio ruolo di imprenditore e protagonista del proprio vivere. Ha ora più tempo a disposizione, che forse prima mancava. Dispone ancora di preziose energie vitali. È sempre viva la voglia di vivere e di vivere bene.

Se prima era il tempo dell’efficienza, dei doveri, delle responsabilità, la vecchiaia si presta bene per diventare un godersi più tranquillo l’esistenza, in occupazioni meglio in linea con sé stessi. Si mette più cura nel curare il proprio benessere, ora più cagionevole. Si prendono le cose a un ritmo più tranquillo. È finalmente anche il tempo per dedicarsi a voglie e attività preferite, forse finora tenute nel cassetto o mortificate da doveri più assillanti. Buone ragioni di impegno possono venire dal contesto sociale, con l’opportunità di scegliere un contributo volontario da offrire, gratificante anche per sé.

Per guardarsi da una vecchiaia povera di senso si suggerisce di darsi un programma, di formulare un obiettivo specifico per un periodo determinato, con verifica e rinnovo alla scadenza fissata. E conviene che questi impegni con sé stessi siano magari scritti da qualche parte, o condivisi con familiari e amici.

Don Mario, direttore della rivista, è l’esempio di una vecchiaia vissuta con senso pieno. Al compiere gli 80 anni ha avuto la buona idea di parafrasare la scadenza, facendola diventare il programma del suo prossimo futuro. Ha stampato un biglietto, diffuso a conoscenti e amici, col titolo: “Hottanta voglia di bene”. Chi lo frequenta non può che testimoniare una indefessa fedeltà al suo programma. 

Già la scadenza mensile della rivista lo impegna a tempo pieno e un po’ di più. E poi contatti, telefoni, corrispondenze, interventi alla radio, non perde occasione per esprimere la sua voglia di bene. Quando gli si chiede come va, ammette che a volte si sente un po’ stanco, più lento nei lavori. E comunque il sorriso della foto in testa ai suoi scritti è genuino: dice la convinzione appassionata per quel che fa e il senso profondo che così assicura alla sua vecchiaia.

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