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A conclusione dell’Anno della vita consacrata

di padre Donato Cauzzo

Con la solenne celebrazione in Basilica S. Pietro di martedì 2 febbraio, presieduta dal Santo Padre Francesco, si concluderà questo specialissimo Anno dedicato, per volontà dello stesso papa Francesco, alla vita consacrata. Un lungo Anno, durato 14 mesi (si è aperto infatti il 30 novembre 2014), che ha offerto una grande varietà di iniziative in Vaticano e in tante parti del mondo. Pur non avendo dati precisi, possiamo ritenere che non solo a Roma, ma in ogni nazione, e probabilmente in ogni diocesi del mondo cattolico, si sia voluto in qualche maniera celebrare questo speciale “tempo di grazia” per le consacrate e i consacrati e per tutto il popolo di Dio. È già possibile tentare un pur provvisorio bilancio? Possiamo dire che quanto papa Francesco si aspettava da questo Anno si sia almeno in qualche misura realizzato? Certamente non è stato un anno di celebrazioni trionfalistiche. Anche se, sulla spinta dell’esortazione di papa Francesco di «guardare il passato con gratitudine», da ogni parte del mondo si è elevato un grande e corale grazie al Signore per il moltissimo bene che i consacrati hanno compiuto lungo i secoli passati. Ma probabilmente non è stata questa la nota dominante.

Un po’ dappertutto si riconosce che questa peculiare forma di vita nella Chiesa sta attraversando un periodo di ombre e luci, che richiede più riflessione e discernimento che facili entusiasmi. Non sono poche infatti, né di poca rilevanza, le “aree di debolezza” - come le ha definite papa Francesco - che è possibile riscontrare oggi nella vita consacrata. Lui stesso ne ha esemplificate alcune: «la resistenza di alcuni settori al cambiamento, la diminuita forza di attrazione, il numero non irrilevante di abbandoni (…), la fragilità di certi itinerari formativi, l’affanno per i compiti istituzionali e ministeriali a scapito della vita spirituale, la difficile integrazione delle diversità culturali e generazionali, un problematico equilibrio nell’esercizio dell’autorità e nell’uso dei beni». Fra questi elencati, merita una parola almeno il tema della “diminuita forza di attrazione”: in altre parole, la diminuzione numerica dei membri, sia maschili che femminili, degli Istituti di vita consacrata. Se negli anni del post Concilio Vaticano II si è assistito a un forte calo numerico - anche se non in tutti gli Istituti nella stessa misura - a motivo delle tante uscite dai conventi e monasteri (certamente uno degli effetti imprevisti e dolorosi della riforma conciliare), oggi il calo è dovuto piuttosto alla scarsità delle nuove entrate. Pur non essendo cessato del tutto, e mai lo sarà, il numero degli abbandoni, preoccupa la diminuita capacità di attrazione di nuove vocazioni.

È soprattutto questa la causa del calo numerico dei membri degli Istituti e il conseguente innalzamento dell’età media di chi ne fa parte. Tra le conseguenze, aumenta il peso della gestione delle opere nelle quali il carisma di quell’Istituto storicamente si è espresso (ad es. scuole, ospedali…) e diminuisce la possibilità di assumere nuovi compiti ministeriali in risposta ai bisogni della Chiesa e delle “periferie esistenziali” verso cui papa Francesco sta spingendo. Ma qui va aggiunta un’importante considerazione. Il calo delle vocazioni non è omogeneo nelle diverse aree geografiche. È molto evidente in Europa, anche per ovvii motivi demografici, in nord America e in Australia. Invece in altre aree del mondo la tendenza è opposta. In Africa ad esempio il numero complessivo delle nuove vocazioni, sia negli Istituti apostolici che nei monasteri, è in leggera ma costante crescita negli ultimi anni. Ancor più significativa è la crescita nel continente asiatico. In alcuni paesi (basti citare il Vietnam) gli Istituti religiosi sono in grado di accogliere solo una parte delle giovani e dei giovani che chiedono di entrare. Oltre alla gratitudine per il passato, papa Francesco aveva esortato a «vivere il presente con passione» e ad «abbracciare il futuro con speranza».

Molti Istituti di consacrate e consacrati hanno ben colto la “provocazione” di questo speciale Anno attivando programmi di formazione e di aggiornamento, incontri regionali e mondiali, pellegrinaggi, studi e approfondimenti del loro carisma e della missione dell’Istituto, e così via. Tante sono state così le occasioni per interrogarsi sulla loro vita (papa Francesco aveva suggerito a ogni istituto «una seria verifica»), per riassaporare la bellezza della scelta fatta e rinnovare la consapevolezza degli impegni che essa comporta, per ascoltare con più attenzione cosa Dio chiede oggi, per continuare ad essere fedeli al carisma ricevuto dallo Spirito Santo, per il bene della Chiesa e del mondo. In aggiunta alle molteplici iniziative dei singoli Istituti, tante manifestazioni comuni, alcune organizzate direttamente in Vaticano e poi in ogni angolo del mondo, hanno dato l’occasione a migliaia e migliaia di consacrate e consacrati di incontrarsi fra loro. Lo aveva espressamente chiesto all’inizio papa Francesco: «Mi aspetto inoltre che cresca la comunione fra i membri dei diversi Istituti. Non potrebbe essere quest’Anno l’occasione per uscire con maggior coraggio dai confini del proprio Istituto per elaborare insieme, a livello locale e globale, progetti comuni di formazione, di evangelizzazione, di interventi sociali? In questo modo potrà essere offerta più efficacemente una reale testimonianza profetica». Un auspicio prontamente raccolto, qui a Roma dal Dicastero per la vita consacrata, e dappertutto da singole diocesi, da Conferenze continentali e nazionali dei consacrati, da università e altri organismi ecclesiali. Centinaia e spesso migliaia di religiosi e religiose, di monache e monaci, di membri di istituti secolari si sono ritrovati, a volte anche per programmi di più giornate, per condividere la gioia dell’identica scelta di vita che li accomuna, per conoscere meglio i rispettivi carismi e tradizioni, per rinnovare insieme la loro dichiarazione di fedeltà a Dio, alla Chiesa e all’umanità, per contagiarsi reciprocamente dell’entusiasmo di seguire Cristo e vivere per il Vangelo.

Se molti consacrati e consacrate, specialmente i giovani, in quest’Anno si sono ri-appassionati della bellezza della propria scelta di vita, non appare illusorio guardare al futuro con speranza. Quello attuale può rivelarsi un tempo di purificazione per una nuova fioritura. Il calo numerico e l’abbandono forzato di opere dove tradizionalmente gli istituti hanno svolto il loro ministero sta portando un benefico atteggiamento di umiltà e anche di più audacia creativa nel ricercare nuovi e più attuali modi di incarnare il carisma del fondatore o della fondatrice. La constatazione della propria fragilità stimola la ricerca di forme di collaborazione e sostegno reciproco fra Istituti. Le difficoltà economiche da molti sperimentate spingono a una più visibile sobrietà di vita personale e istituzionale. Anche la caduta della pretesa “superiorità” della stato di vita consacrata rispetto alle altre forme di vita nella Chiesa (per tanto tempo era definito lo “stato di perfezione”) sta favorendo la prossimità e la comunione con il resto del popolo di Dio. E se anche alcune Congregazioni vanno lentamente spegnendosi, nuove forme di consacrazione e nuove fondazioni stanno germogliando e crescendo un po’ in ogni parte del mondo. Lo Spirito Santo non cessa di abbellire la Chiesa con antichi e nuovi doni carismatici adatti ad ogni epoca, perché la perla preziosa della vita consacrata continui a brillare e a testimoniare Cristo. È un Vangelo incarnato disteso nel tempo e nello spazio, che continua a produrre frutti di santità all’interno del popolo di Dio e di carità per una varietà di necessità dell’umanità del nostro come di ogni tempo.

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