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don Gabriele Cantaluppi

La presenza delle suore nella pastorale

Le suore,  che il 20 gennaio 1909 erano scese da Como a Roma  in compagnia di don Guanella e stavano percorrendo il tragitto dalla Stazione Termini a porta San Pancrazio, sede della Casa femminile dell’Opera inaugurata l’anno precedente, osservavano  un mutamento di scena. Alla grandezza dei palazzi monumentali della città, appena fuori le mura faceva seguito “qualche casolare con varie catapecchie disperse nella campagna”, come ricorderà una di loro nel suo diario, ritrovato fortunosamente qualche decennio fa negli archivi della Congregazione.
Lo stesso spettacolo osserveranno qualche giorno dopo sul campo del loro apostolato, il quartiere Trionfale. A dispetto del nome, che ricordava gli antichi fasti degli eserciti rientrati vittoriosi dalle campagne militari che la percorrevano in trionfo per ricevere la corona d’alloro sul Campidoglio, la zona che si estendeva dal Vaticano a Monte Mario era estremamente depressa.

 

Don Guanella, desideroso di una presenza dei suoi religiosi a Roma, aveva adocchiato questo luogo per fondarvi una parrocchia, incoraggiato e poi sostenuto anche materialmente dal papa Pio X che, a opere ultimate, amava definirsi “parrocchiano di San Giuseppe”, perché i confini della parrocchia lambivano le mura vaticane. è realistica la descrizione fatta dalla testimone al loro arrivo: “… ci troviamo di fronte ad una porticina in condizioni molto pietose. Il sudiciume di ogni specie di cui è adorna ci fa esitare, ma ci viene affermato che l’ingresso è proprio quello”. E ci fu perfino uno che si presentò chiedendo di essere assunto come portinaio! Proposta che suscitò l’ilarità delle suore.
La struttura era composta da un grande capannone, diviso in tre reparti: la parte centrale, che era la migliore, avrebbe dovuto essere, per dirla con un termine moderno, ”multiuso”, servendo  anche da cappella per tre anni. I romani del posto, col loro senso dell’humour, la insigneranno del titolo di  “basilichetta”, cioè la piccola basilica. Gli altri due locali erano destinati per l’asilo infantile e come refettorio dei bambini. Chi scrive ha potuto toccare con mano, “de visu” come si dice, che ancor oggi le nuove opere guanelliane, maschili e femminili, nascono da umili origini simili a queste e, se anche i moderni mezzi di comunicazione informatica e di trasporto hanno attutito il senso di lontananza, non viene però meno l’eroismo di confratelli e consorelle inviati, spesso su loro richiesta, per le nuove fondazioni di carità.

Pane e Signore
Alla povertà materiale faceva riscontro quella assai più grande di ordine spirituale. Ne ebbero subito la prova quando, alla Messa celebrata il giorno stesso,  furono presenti, oltre alcune suore, solo tre persone del luogo e altrettanti amici di don Guanella. Ma il seme era gettato: “Ora tocca a voi – furono le parole da lui rivolte alle suore – andate per le case, segnate [prendete nota di] più bambini che potete e fate del bene”.
I primi tempi saranno duri per le suore, che dovranno misurarsi con l’abbassamento culturale, morale e con la povertà materiale della popolazione.
Le famiglie erano numerose e costrette a vivere in tuguri, privi dei più elementari servizi sociali, in una promiscuità vergognosa.
Però esse furono generalmente accolte bene e in una decina di giorni  l’apertura dell’asilo divenne una realtà con circa novanta bambini: ce ne sarebbero stati molti altri, ma non se ne poterono accogliere di più, vista la ristrettezza dei locali.
Grazie alla disponibilità delle suore, al sostegno fattivo di don Guanella e di tanti amici, l’opera poté avviarsi sempre meglio offrendo servizi di assistenza materiale e spirituale alla popolazione.
Non mancarono episodi curiosi, come l’arrivo inatteso dal Vaticano di un grosso carro colmo di suppellettili e mobili: roba vecchia ma assai utile a chi era sprovvisto di tutto e che per don Guanella aveva quasi valore di reliquie, tanto da rimproverare le suore per avere scartato alcuni oggetti: “è questo il rispetto che avete per le cose che ricevete in dono dal Vaticano? Tenetevelo per norma: tutto ciò che ricevete dal Vaticano va tenuto in considerazione”.
Ma le suore ebbero di mira anche la promozione delle Prime Comunioni e per questo si adoperarono a passare a tappeto le famiglie, invitando i fanciulli al banchetto eucaristico. Erano in linea col desiderio del santo Pio X, che aveva aperto all’età più tenera i tesori dell’Eucaristia. Esse furono le “sentinelle del mattino” ante litteram, precorrendo nel tempo la consegna che Giovanni Paolo II darà ai giovani quasi cent’anni dopo.
In questa loro opera furono molto aiutati dal segretario del papa, Monsignor Attilio Bianchi, che prese l’abitudine di lasciare gli splendori della dimora vaticana per immedesimarsi con i poveri del quartiere e soccorrerli nelle loro necessità materiali e spirituali, giungendo a farsi catechista dei fanciulli. Un desiderio di redenzione delle anime che lo porterà poi, alla morte di Pio X, a ritirarsi nella trappa.

 

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