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card. Ennio Antonelli

L’Assunzione è la Pasqua di Maria. 

Maria è assunta in cielo. Il cielo, alto, immenso, luminoso, è simbolo di Dio ed evoca la trascendenza, la grandezza, la gloria di Dio. Dire che Maria è assunta in cielo significa che ella è accolta alla presenza immediata di Dio, che è pervenuta a una esperienza diretta di lui e alla visione beatifica, che è pervenuta a una unione perfetta ed eterna. Maria è introdotta nella Trinità, come appare in molte rappresentazioni pittoriche del Seicento, dove Maria è più vicina al Padre, al Figlio e allo Spirito degli angeli e dei santi.

Maria è assunta in cielo in anima e corpo, con tutta la sua persona, in tutte le sue relazioni e dimensioni. Ha raggiunto la perfezione totale, la pienezza della vita, l’assoluta capacità di relazione con Dio, con gli altri e con le cose. Ha raggiunto la beatitudine e la felicità completa. Come Gesù nella sua resurrezione e ascensione al cielo.

L’Assunzione è dunque la Pasqua di Maria. Lo conferma san Paolo, evocando la resurrezione di Cristo: «Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti […] Tutti riceveranno la vita in Cristo. Ciascuno però nel suo ordine: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo» (1 Cor 15, 20. 22-23). Cristo è già risorto come primizia, fondamento della risurrezione gloriosa di tutti i giusti. “Quelli che sono di Cristo”, cioè i giusti, risorgeranno gloriosi alla sua venuta, al termine della storia. Non parla di Maria, allora forse ancora in vita terrena. Ma lei è “di Cristo” come nessun altro, associata a lui in modo del tutto singolare, come Immacolata, Madre, Discepola fedele, partecipe della passione, tutta Santa. Per questo, considerando la sua figura complessiva alla luce della fede, la Chiesa si è persuasa della sua Assunzione come di una singolare partecipazione alla Pasqua di Cristo. E noi ci rallegriamo con Maria. Facciamo festa. Se l’amiamo, non possiamo non rallegrarci. L’amore è soffrire con chi soffre e rallegrarsi con chi è nella gioia.

Sant’Andrea di Creta (VII-VIII secolo), per la festa della Dormizione di Maria tenne questa omelia:

«Quali mani ti deporranno nella tomba, o Madre di Dio?

Quale preghiera funebre faremo per te?

Con quali canti ti accompagneremo?

La tomba non può possederti,

gli inferi non possono prevalere su di te.

Va dunque in pace! Allontanati dalle dimore terrene!

Rendi benevolo il Signore riguardo alle creature, di cui fai parte.

Rallegrati di gioia indicibile,

avvolta dalla luce eterna,

là dove è la vera vita!».

In Maria è anche anticipato il futuro di tutti quelli che sono “di Cristo”. Ella è l’immagine esemplare della Chiesa, la primizia dell’umanità salvata. Noi invece siamo ancora in cammino verso la stessa meta; siamo protesi verso la pienezza della vita, verso la felicità. 

Il nostro desiderio originario e costitutivo è quello di vivere e di vivere in pienezza il più possibile. Siamo sempre protesi verso un "di più": con la mente (vogliamo conoscere cose sempre nuove), con il cuore (soddisfatta un’aspirazione, ne nasce un’altra), con le mani (realizzato un progetto, ne facciamo un altro), con i passi dei nostri piedi (sempre in movimento verso nuove esperienze). Siamo sempre in ricerca, in cammino. Ma sempre inquieti, insoddisfatti. 

Non è la quantità delle esperienze che ci soddisfa, anzi spesso ci lascia più vuoti che mai, finisce per annoiarci. In realtà cerchiamo la vita, la felicità, in pienezza e per sempre.

«Voglio vivere sempre, sempre, sempre;

e voglio vivere io,

questo povero io che sono

e sento di essere ora e qui…

Io, io, io, sempre io! – Dirà qualche lettore

Ma chi sei tu?

E qui potrei rispondergli:

Per l’universo niente;

per me tutto»       

(Miguel de Unamuno, Del sentimento tragico dela vita, 1913).

Parole profonde, che esprimono l’intensità e la forza del desiderio di vivere, la ricerca della vita in pienezza, del Bene assoluto. Giovanni Paolo II diceva che la ricerca incessante dell’uomo è segno della sua vocazione alla comunione con Dio, è riflesso dell’attrazione (appello) del Bene assoluto. 

Forse non ci pensiamo, siamo distratti, dispersi, superficiali. Qui si colloca la missione della Chiesa che addita questa meta. Lo fa spesso anche con l’architettura, come in molte cattedrali, con il cielo dipinto nella cupola.

Maria assunta è il modello della speranza cristiana. Facciamo nostro il cantico di Maria. «Sia in noi l’anima di Maria» (Sant’Ambrogio). Facciamo nostra la sua fiducia e gratitudine. Innanzitutto per lodare e ringraziare, con lei, Dio:

«L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore!

Perché ha guardato l’umiltà della sua serva». 

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