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La beata Maria degli Angeli affidava a san Giuseppe la fondazione di un nuovo Carmelo a Moncalieri. Nel “borsellino” del Santo deponeva bisogni materiali e spirituali, a cui egli puntualmente provvedeva. Ancora oggi giungono molte invocazioni.

di don Francesco Marruncheddu

Vicolo Savonarola è una delle stradine che si arrampicano fino al Castello Reale di Moncalieri e che collega l’antica nobile dimora sabauda al centro città. Un vicolo appartato, pedonale.

Il suo silenzio è rotto solamente dalla campanella del monastero delle Carmelitane Scalze, intitolato a San Giuseppe della Madre di Dio, che quassù hanno iniziato la loro vita di preghiera il 16 settembre 1703. A fondarle è stata una monaca, suor Maria degli Angeli (al secolo Marianna Fontanella), oggi beata, nata nel 1661 a Torino da una delle famiglie più illustri ed entrata appena quindicenne nel Carmelo di santa Cristina della sua città. 

Suor Maria degli Angeli, ancora giovane professa, aveva sentito in cuore il desiderio di fondare un nuovo Carmelo; infatti il convento di Torino era ormai pieno e non poteva più accogliere nuove vocazioni; dunque decise di adoperarsi in ogni modo perché il sogno si realizzasse, e prima ancora di pensare al luogo della fondazione, «ben pensava di volerlo mettere sotto il titolo del suo glorioso Padre e Patriarca san Giuseppe» (così nella Cronaca del monastero). La scelta del luogo cadde su Moncalieri.

Tre monache furono scelte per fondare il nuovo Carmelo e giunsero a Moncalieri con grande solennità, accompagnate da un corteo di carrozze. Ad attenderle, autorità religiose e civili e una popolazione entusiasta. Anche se, fatto curioso, le cronache tramandano che, a festa finita, quella sera le Carmelitane andarono a letto senza cena perché, nel vortice dei preparativi, nessuno aveva pensato a lasciar loro qualcosa da mangiare.

Quel primo monastero era modesto, una grande casa donata dalla vedova Sapino, bella ma insufficiente alla vita delle monache, il cui numero pian piano stava crescendo. Così, con grandi sacrifici, le Carmelitane si impegnarono ad acquistare le case e gli orti vicini, compresa addirittura una strada pubblica che le separava, costruendo così l’attuale monastero con l’annessa chiesa. Questa, intitolata a san Giuseppe, è un piccolo gioiello barocco, inaugurata nel 1731 e completata intorno al 1738 con gli affreschi del Milocco. 

Le testimonianze sul fervore con cui la futura Beata zelava la devozione al Santo sono molto numerose: a chiunque le chiedeva preghiere per ottenere qualche grazia, ella esortava a interporre con fiducia l’intercessione del glorioso Patriarca. Così fece con la duchessa Anna d’Orléans, moglie del duca regnante Vittorio Amedeo II, che soffriva moltissimo per la mancanza di un erede maschio. Il 6 maggio 1699 nasceva così Vittorio Amedeo di Piemonte. Il cronista fa notare che era l’ultimo dei mercoledì dedicati al Santo per ottenere la grazia sospirata.

La vita del Carmelo di san Giuseppe scorre a lungo serena, arricchendosi di nuove vocazioni, ma poi si scontra con la complessa storia del Regno sardo-piemontese prima e italiano poi. Trovandosi alle porte della capitale, Torino, era infatti difficile che la grande Storia, che passava a due passi, non toccasse anche le sue mura. Così nel 1802 il monastero viene soppresso a causa delle leggi napoleoniche, ma alcune sorelle vi rimangono, ottenendo dal Comune il permesso di aprire un conservatorio per fanciulle, dietro regolare pagamento dell’affitto dei loro propri locali. Il monastero viene però acquistato, al momento della Restaurazione, da un amico speciale della comunità, il re Vittorio Emanuele I, che il 20 marzo 1820 lo ridona alle Carmelitane. 

Un’altra tempesta non tarda ad arrivare: nel 1855 la Legge Rattazzi priva le monache del loro monastero e di tutti i possedimenti, con l’incameramento di tutti i beni degli enti ecclesiastici. Ma se da Casa Savoia erano arrivati i danni, dalla stessa Casa arriva anche la soluzione: la principessa Maria Clotilde, buona amica delle monache, che aveva frequentato durante i suoi soggiorni nel vicinissimo Castello Reale, riesce a non far loro abbandonare il monastero, difendendolo con coraggio. Le suore dunque vi rimangono, anche se quasi da clandestine. Sarà la stessa principessa a risolvere poi definitivamente la cosa, decidendo di acquistarlo e quindi rendendolo non più incamerabile; nel 1895 lo lascia poi in testamento alle monache, che tuttavia ne riprenderanno ufficialmente la piena proprietà solo nel 1938.

Da allora la vita è tornata a scorrere serena nel monastero di vicolo Savonarola 1, dove anche adesso la comunità delle Carmelitane, composta di 12 sorelle, vive la spiritualità del Carmelo nelle sue giornate ritmate tra preghiera, meditazione, silenzio, lavoro, fraternità. Accoglie anche giovani donne che vogliano fare esperienza di vita monastica.

Ancora oggi, le Carmelitane Scalze di Moncalieri venerano una bella statua secentesca in terracotta policroma di san Giuseppe proveniente dal Carmelo, di santa Cristina di Torino. Al piedino di Gesù Bambino è sospeso un piccolo sacchetto di tela grezza, con un biglietto che ricorda come la beata Maria degli Angeli vi raccogliesse di volta in volta il denaro necessario per pagare gli operai per la costruzione del nuovo Carmelo, con la certezza che san Giuseppe avrebbe provveduto quanto le occorreva. A chi le faceva notare che con la somma di cui disponeva non avrebbe mai potuto fondare un monastero, rispondeva che ci avrebbe pensato il “suo” san Giuseppe. Così fu, e ancora oggi le monache pongono nel “borsellino di san Giuseppe” le richieste di preghiere che arrivano al loro monastero, certe dell’intercessione del Patriarca. 

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